VIANI LORENZO
 
ARTISTA OPERE MOSTRE IN ASTA
 

Lorenzo Viani (Viareggio, 1º novembre 1882 – Lido di Ostia, 2 novembre 1936. Nasce a Viareggio in via della Fornace, l‘attuale via Indipendenza, presso la darsena vecchia[1]. Secondogenito di Emilia Ricci e Rinaldo Viani che, dalla Pieve di S. Stefano, un piccolo paese delle colline lucchesi, si erano trasferiti a Viareggio, in quanto il padre, già servitore dei Borboni in S. Martino in Vignale, era passato, dopo la morte di Maria Teresa Felicita di Savoia (16 luglio 1876), al soldo di Don Carlos, nella Villa reale della pineta levante di Viareggio. Un‘infanzia trascorsa tra la darsena e il Palazzo; tra la povertà dei marinai e calafati e la superstizione della "canaglia", come veniva denominata bonariamente la servitù di Casa Borbone, e il fasto sontuoso di una dinastia in esilio. Fino a che il padre ebbe questo lavoro, le condizioni familiari di Lorenzo furono abbastanza tranquille. Frequentò la scuola elementare, ma solo fino alla terza classe, perché l‘esperienza scolastica si arrestò per una congenita insofferenza a ogni forma di disciplina. Il tarlo dell‘anarchia si era già insinuato nella giovane mente.

Quando il padre fu licenziato dal servizio, la famiglia Viani conobbe la miseria, condizione umana che non era sconosciuta al giovane Lorenzo, poiché egli, a causa del suo carattere ribelle ed introspettivo, passava molto del suo tempo girando per i boschi e la spiaggia della darsena viareggina, che rappresentava uno spettacolo quotidiano di miseria e di squallore, e, a contatto con la "canaglia" asservita ai Borboni, il ragazzo, precocemente segnato dalle difficoltà della vita, confessò un giorno alla madre di essere ossessionato dal pensiero della morte.

Nel 1893 viene messo a lavorare nella bottega del barbiere Fortunato Primo Puccini, dove resta come garzone per diversi anni e incontra personaggi di primo piano, come Leonida Bissolati, Andrea Costa, Menotti Garibaldi, Giacomo Puccini, Gabriele D‘Annunzio e conosce il pittore Plinio Nomellini, che ebbe un‘influenza positiva nella maturazione artistica del ragazzo. Incomincia a disegnare con crescente interesse e un ritratto del musicista Giovanni Pacini attira l‘attenzione dei viareggini. Intraprende i suoi primi viaggi esplorativi a Pisa e a Lucca.

In Versilia e in altre località italiane la lotta di classe si fa sempre più aperta: folle esagitate, precedute da bandiere nere, invadono le piazze dei paesi, stazionano davanti ai forni, frantumano le vetrine. L‘incontro con il sociologo Pietro Gori e i frequenti contatti con i socialisti Vico Fiaschi e Luigi Salvatori decidono la definitiva adesione di Viani all‘anarchia. Talvolta il giovane dorme sulle pietre del molo o passa le notti al "Casone", ritrovo abituale di vagabondi, di ricercati e di liberi pensatori.

Su consiglio di Plinio Nomellini, che lavora a Torre del Lago, si iscrive all‘Accademia di Belle Arti di Lucca, dove frequenta più o meno tre anni di lezioni, dal 1900 al 1903, e dove conosce anche Moses Levy e Spartaco Carlini. Durante quest‘esperienza lucchese, il Viani non mancò di partecipare, con altri studenti, a manifestazioni anarchiche e socialiste. Nel 1904 viene ammesso alla Libera Scuola di Nudo annessa all‘Accademia di Belle Arti di Firenze, dove segue i corsi di Calosci e Giovanni Fattori, pur continuando a dimostrare una chiara insofferenza per le discipline accademiche.

Ritornato a Viareggio, si stabilisce a Torre del Lago ed entra a far parte della "Compagnia della Bohème". Frequenta Giacomo Puccini, che considera con ironia i soggetti dei suoi dipinti, mentre Plinio Nomellini invece continua a incoraggiare le sue ricerche pittoriche. La miserabile stanza in cui lavora a Torre gli permette, come scriverà anni dopo, di anticipare l‘esperienza parigina. Nella redazione fiorentina del Popolo incontra il poeta ligure Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, che va cercando proseliti per la sua Repubblica d‘Apua, a cui aderiscono personaggi importanti dei primi anni del Novecento, tra cui, oltre a Lorenzo Viani, lo scrittore Enrico Pea e lo storico e letterato lunigianese Pietro Ferrari (generale). Ceccardi ne fu presidente, Viani luogotenente.

Viani espone alcuni disegni alla VII Biennale di Venezia, i quali, grazie alla recensione di Luigi Campolonghi, avviano la leggenda del pittore dell‘orrido e della miseria. Durante questa esposizione scopre l‘opera di Laermans e simpatizza con Umberto Boccioni, partecipa all‘Esposizione nazionale d‘arte umoristica di Messina e riceve la prima medaglia della sua vita. In novembre è a Genova, dove collabora con disegni satirici alla rivista anticlericale La Fionda, diretta da Luigi Campolonghi Illustra La zattera dello stesso e in poemetto in lingua ligure I ribelli di Francesco Muratorio, che viene pubblicato l‘anno successivo, . Iquesto soggiorno Viani matura un notevole orientamento pittorico.

All‘inizio del 1908 è a Parigi, dove ha modo di visitare la retrospettiva di Van Gogh, allestita alla Galene Bernheim-Jeune. Dopo un breve soggiorno in casa Fleury, approda al dormitorio pubblico de la Ruche, in rue Dantzig, e inizia la sua dura esistenza che sarà rievocata in Parigi (1925). Durante questa permanenza Viani ebbe modo di incrociare, in modo fuggevole, anche Picasso. A Parigi, dove resterà più o meno un anno, il soggiorno a lungo desiderato si rivelerà denso di difficoltà economiche e di solitudine, ma comunque positivo per le esperienze fatte e per i personaggi artistici conosciuti.

Ritornato in Italia, continua a detestare i ritrovi mondani e non avvia alcun sodalizio consistente. In aprile la Biennale di Venezia rifiuta le sue opere. Le condizioni economiche e psicologiche di Viani si fanno sempre più preoccupanti. Per tornare a Viareggio, si adegua alle richieste di un piccolo editore di fogli musicali. A giugno è di nuovo a Viareggio nella sua vecchia casa e riprende a frequentare gli anarchici locali.

A dicembre del 1910 la Giunta comunale di Viareggio, a causa delle non troppo floride condizioni economiche, gli concede una stanza dello stabile della dogana. A questo periodo dovrebbero risalire Consuetudine, l‘Autoritratto oggi alla Galleria d‘Arte Moderna di Firenze, e le illustrazioni per Fole e Sion di Enrico Pea, uno degli intellettuali più in vista della "Repubblica d‘Apua". Nel dicembre del 1911 è di nuovo a Parigi, dove Incontra Amilcare Cipriani, Luigi Campolonghi, il patriarca di tutti gli anarchici, Alceste De Ambris, Jean Grave, Octave Mirbeau e altri esponenti dell‘anarchia e dell‘umanitarismo internazionale. In questo clima elabora dieci foschi e dolenti cartoni sugli effetti della guerra. A Parigi resta molto poco, fino a metà gennaio 1912, poi ritorna in Italia.

Partecipa alle attività degli anarco-socialisti versiliesi. In febbraio cura con il sindacalista Alceste De Ambris il libello antimilitarista Alla gloria della guerra!, che viene stampato dalla Camera del lavoro di Parma. L‘album viene censurato dalle istituzioni ufficiali, e lui viene arrestato e imprigionato, ma viene rilasciato grazie all‘appoggio di Luigi Salvatori e di altri amici. In maggio del 1913 prende la parola in un comizio contro la guerra e nel novembre partecipa alla tumultuosa manifestazione promossa dalla Camera del lavoro di Carrara. Stabilisce nuove amicizie nell‘ambiente futurista di "Lacerba", in particolare con Giovanni Papini, Giuseppe Ungaretti, Borsi e Ottone Rosai. Nel febbraio del 1915 Viani sostiene Cesare Battisti durante un tumultuoso comizio al Politeama di Viareggio ed espone dieci xilografie alla III Secessione di Roma. Tra l‘ottobre e il novembre espone, grazie all‘appoggio di Franco Ciarlantini, 624 opere al Palazzo delle Aste di Milano. La mostra si avvia in una cornice di mondanità e riscuote un caloroso consenso di pubblico e di critica. In dicembre, nuova importante personale al Bagno Nettuno di Viareggio, dove convergono, per l‘ultima volta, gli esponenti della "Repubblica d‘Apua".

Nel 1916 viene richiamato per la guerra, partecipa a varie imprese belliche e viene congedato nel 1919. In questi tre anni, nei pochi momenti di tranquillità, continua incessantemente a disegnare, dipingere ed illustrare. Il 2 marzo del 1919 si sposa con la signorina Giulia Giorgetti e si trasferisce a Montecatini, dove la moglie lavora come maestra elementare. Vi resta per circa due anni e poi ritorna a Viareggio: sono di questo periodo i teneri ritratti di bambini intenti a scrivere e a studiare.

Nel 1922, per celebrare il centenario della morte del poeta inglese Percy Bysshe Shelley (morto a Viareggio), fu incaricato dal Comitato per le Onoranze di commemorare la ricorrenza. Viani, per l‘occasione, curò la pubblicazione del numero unico "P.B. Shelley" al quale collaborarono Alceste De Ambris e Gabriele D‘Annunzio.

Alla vecchia "Repubblica d‘Apua" si va sostituendo una più tranquilla "Armata dei vàgeri", di cui Viani è il generale. Il quartier generale di questa libera associazione è il Caffè Torricelli, sul lungomare, ma il gruppo frequenta anche il "Buonamico". Inizia in quel periodo la serie di dipinti su Parigi. Pubblica, nel 1925 con successo di critica, Parigi, la testimonianza romanzata della sua esperienza alla Ruche. In considerazione dei suoi meriti artistici gli viene conferito l‘insegnamento di ornato all‘Istituto d‘arte oggi Passaglia di Lucca. Ma Viani mal si adatta a questo lavoro, che porta avanti stancamente fino alla fine del 1926. Nello stesso anno conosce il giovanissimo concittadino Renato Santini, che diventa il suo unico allievo. Nei primi mesi del 1927 inizia la collaborazione regolare al Corriere della Sera, dirige la rivista Riviera Versiliese e pubblica I vàgeri. II 27 maggio viene inaugurato a Viareggio il Monumento ai Caduti per la Patria "I Galeottus", eseguito con la collaborazione tecnica dello scultore Domenico Rambelli. L‘opera, assolutamente innovativa e di straordinaria espressività, suscita discussioni e polemiche. Alcuni concittadini, per sottolineare la presunta bruttezza del gruppo scultoreo, arrivano a ribattezzare beffardamente la piazza in cui sorge con il nome di Piazza della Paura.

Nel 1928 pubblica Angiò uomo d‘acqua (28 illustrazioni) e Roccatagliata. Espone 11 opere alla XVI Biennale di Venezia e una vasta selezione della sua produzione a Palazzo Paolina di Viareggio. In questa mostra, presentata da Margherita Sarfatti, è esposto il Grande dormitorio, una summa di tutti i personaggi intravisti o frequentati alla Ruche. Incominciano per il Viani i primi attacchi di asma, malattia che, con alti e bassi, non lo abbandonerà più e lo porterà a soggiornare a Bagni di Lucca e in altre stazioni climatiche. Proprio nel momento poco felice per la sua salute, diventa un artista conosciuto in tutta Italia e le sue esposizioni sono luogo di incontro irrinunciabile per un pubblico colto ed internazionale.

Dipinge Georgica (o Le opere del mare, del ciclo e della terra) e pubblica il romanzo autobiografico Ritorno alla patria, che vincerà, ex aequo con Anselmo Bucci, il Premio Viareggio. Pubblica il romanzo autobiografico II figlio del pastore. Partecipa con grande successo alla XVII Biennale di Venezia con Georgica e Veliero. Partecipa quindi a varie serate futuriste e la sua personale a Palazzo Paolina di Viareggio è inaugurata da un discorso di Marinetti.

Viani espone nel 1931, alla I Quadriennale di Roma, Il volto santo. Addirittura Mussolini dimostra interesse per l‘opera e per l‘autore. In agosto, nuova esposizione personale allo Stabilimento Nettuno di Viareggio. Nello stesso anno pubblica Versilia, ma nuovi attacchi d‘asma lo riportano per brevi periodi in ospedale. Riesce con grande fatica, nel 1932, a pubblicare il Bava, ispirato alle gesta del navigatore viareggino Raffaello Martinelli ed a esporre alla XVIII Biennale di Venezia, a Livorno e a Viareggio.

Nel settembre del 1933 un nuovo attacco d‘asma e, a causa dell‘aggravarsi della malattia, è costretto ad un lungo ricovero presso l‘ospedale psichiatrico di Maggiano, presso Lucca. Nei primi mesi del 1934, in un breve miglioramento della malattia, ritorna a manifestare i mai sopiti sentimenti anarchici, destando l‘irritazione dei fasci locali e rinunciando ad una sua grande aspirazione come l‘onorificenza dell‘Accademia d‘Italia. Lavora con grande fervore ai pannelli per la stazione ferroviaria di Viareggio, è presente con una sua Personale alla Galleria Ferroni di Firenze e alla inaugurazione della Galleria Viani nella casa di Fossa dell‘Abate (odierno Lido di Camaiore), ereditata dalla moglie. La salute cagionevole non gli impedisce d‘esporre alla XIX Biennale di Venezia, a Viareggio, Lucca, alla II Quadriennale di Roma e al Lyceum di Firenze. Nel 1936 gli vengono commissionate una serie di pitture per il Collegio di Ostia e, dopo un lavoro frenetico senza sosta di parecchi giorni, non farà in tempo a partecipare all‘inaugurazione perché colpito da un forte attacco d‘asma. Il 2 novembre, il giorno successivo al suo 54º compleanno, il vàgero indomabile e generoso muore ad Ostia stroncato da un collasso cardiaco. Il 3 novembre la salma ritornerà a Viareggio in un plebiscito collettivo di affetto e di rimpianto.

Viani è stato personaggio straordinario ed esemplare della fioritura culturale ed intellettuale che caratterizzò Versilia, Lucchesia e Lunigiana a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Leggendo alcuni scritti del Viani, si ritrovano le memorie e le atmosfere di un periodo che vide, nell‘arco di un cinquantennio, la presenza in terra d‘Apua di personaggi come Puccini, Catalani, D‘Annunzio, Ungaretti, Malaparte, Pea, Repaci, Cancogni, Montale, Carducci, Pascoli, Roccatagliata Ceccardi, Carrà e molti altri.

Attività[modifica | modifica wikitesto]
Disegno viani.jpg

Lorenzo Viani si è sempre sentito attratto dai più poveri e dai derelitti, tanto nella fanciullezza quanto nella maturità. La vita e la vicenda umana dei più deboli, Viani la trasferisce nella tela, con forti impressioni cromatiche e con una pennellata decisa e veloce, una pittura intensa, espressiva e a tratti estremamente malinconica. Quello che fa di Viani un grande maestro, troppo spesso dimenticato, è la maestria nel far coesistere nelle sue opere drammaticità e lirismo e grazia poetica, nel sentire l‘umile commozione di fronte ai diseredati. La povertà di mezzi artistici è una scelta; la scabra pittura diviene essenzialità; la sobrietà un animalesco istinto nel cogliere le forme della vita degli umili, della fame, della prigione, delle malattie, della solitudine, della lotta con la campagna o con il mare, della guerra, della pazzia e del dolore. L‘opera narrativa di Viani costituisce un esempio tipico di espressionismo dialettale. Le sue origini sono in una visione sconvolta delle cose, turbata dal profondo, che si traduce in un‘esasperata deformazione dei paesaggi come dei volti umani. Lo scrittore si serve di una straordinaria ricchezza verbale, attinta al fondo dialettale viareggino, al gergo marinaro o soldatesco o furbesco, dove più gli è possibile ricavare esasperazioni espressionistiche.

II dialetto della Versilia e della Lucchesia, così vivace nella lingua di Enrico Pea, diventa lirico fervore in Lorenzo Viani, pittore espressionista che comincia a diventare famoso all‘inizio degli anni Trenta. Viani non è il solo, nella letteratura del secolo, in cui pittura e scrittura si danno la mano illuminandosi a vicenda, come nei casi di Ardengo Soffici Luigi Bartolini e Filippo De Pisis, ma resta davvero singolare come il suo estro di scrittore, che prese l‘ispirazione dall‘impressionismo che si respirava attorno alla rivista letteraria La Voce, debba molto al disegno, al carattere mosso e deformante della sua attività dì pittore.

Dal Viani al suo modo un po‘ provinciale di richiamarsi al "Manipolo dell‘Apua", che ebbe in Ceccardo Roccatagliata Ceccardi il suo alfiere, e a una rozza base di contestazione civile, poco ci si dovrebbe attendere dall‘immaginazione dello scrittore; viceversa, il taglio della sua prosa, visivo e spesso allucinato, la variegata galleria di tipi derelitti e folli da lui adunata su una base di ingenua fraternità, spezzano in più d‘un tratto nei romanzi Parigi Angiò e Uomo d‘acqua quella sorta di compiacimento anticonformista e antiborghese prevalente in certi scritti, sui quali l‘autore volle crearsi una piccola leggenda, esponendosi in prima fila con storie che oggi non interessano più. Ci si riferisce in modo particolare ai ricordi autobiografici, distribuiti in Gli ubriachi (1923) o in Il figlio del pastore (1930), e in vari altri libri formati da artìcoli (ne scrisse circa trecento) dove campeggiano i Vàgerì,[2] che sono insieme protagonisti del lessico di Viani e della sua tensione ideale verso la vita e l‘avventura. Il meglio dì questo scrittore sta dunque nella riuscita involontaria, come in Angiò (1928), dove la condizione del nano, uomo di mare e sconfitto dal mare medesimo, tocca punte dì allegorica pietà. Ma a Viani interessava, raccontando la miseria dei luoghi, come più tardi sarà ne Le chiavi nel pozzo (1935) l‘osservazione del manicomio, soprattutto il calarsi in quell‘aspro ambiente di rivolta, per attentare da semplice dinamitardo di provincia alla letteratura e all‘arte composta da altri, definiti dallo scrittore con malcelata supponenza "i vincitori" baciati dal successo.

Nel 1924 Viani scrive Giovannin senza paura, versione dedicata ai giovani lettori del noto racconto dove il coraggio si lega alla follia. La versione dello scrittore viareggino compenetra alcuni tra gli scritti precedenti tra cui quelli dello Straparola, dei Fratelli Grimm e di Giuseppe Pitré, per citarne alcuni, realizzando una trama più fedele alla realtà dei fatti. L‘opera di Viani, pur non contenendo aspetti magici tipici della storia di Giovannino, ripercorre comunque le tappe essenziali del racconto fiabesco. La storia ci dice che il coraggioso (e folle) protagonista (Giovanni Bianchi) viaggia senza un criterio e quando scopre veramente la paura (dolore), si ravvede e continua a vivere. La storia ha connotati e riferimenti tipici della vita marinaresca dell‘inizio del 900 in Versilia e può dirsi uno spaccato delle misere condizioni locali di quel periodo.

 
 
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