Gianfranco Mai (Lodi 1940) In tutte le composizioni di Gianfranco Mai si percepisce un‘ esperienza si ngolarissi ma, i I travaglio di una nuova sensibilità, che attraverso il figurativo esprime la bellezza e la verità delle cose. Nei lavori in cui l‘ispirazione è legata alla condizione umana e sociale delle Murge dei Trulli, il Mai si rivela un artista versatile, in grado di cogliere e descrivere, con
caldo sentire e lucido spirito, l‘anima e l‘ambiente della gente murgese. Egli si sofferma, soprattutto, a riprodurre il modo di vivere semplice ed essenziale della classe contadina, di cui conosce pregi e difetti, debolezze e virtù, problemi e bisogni, miseria e superstizioni.
Il Mai non travisa la realtà. Nei suoi lavori, anzi, ripropone al vivo la dimensione autentica della civiltà murgese, che soltanto ai pigri o ai superficiali risulta all‘apparenza diversa da quella riprodotta dall‘artista. La sensibilità del Mai, che è insieme angoscia interiore e sfida alle convenzioni, si muove in sintonia col modo di essere dei contadini murgesi, che hanno l‘innata capacità di scegliere e vivere i propri sentimenti in proporzione alle fatiche determinate dalla trasformazione del calcare murgese in humus fecondo. Per questo nelle composizioni del Mai le stesse zone sterili e selvagge, dove si ramificano a tentacoli e spine i fichidindia, lo stesso caldo secco e la stessa infocata petraia, dove si stagliano e si rincorrono i trulli agili e freschi, acquistano una dimensione umana.
Tale dimensione di vita, che l‘artista conosce e possiede come una seconda natura, è resa tangibile in ogni composizione con le variazioni cromatiche della luce che domina e dei colori che risplendono. Per cui il paesaggio riflette ogni volta la forza del lavoro umano, e le figure umane rivelano una temperie primitiva, quasi selvaggia, incline a vedere nelle soluzioni di lotta l‘unica alternativa alle precarie condizioni di vita.
Quando lo stato di tensione implica una scelta in direzione dell‘amore e della dedizione assoluta, come nelle contadine murgesi, le quali sotto la patina di candore e di ingenuità nascondono qualcosa di femminilmente avido, che il lavoro in comune nei campi e nei trulli porta nel profondo all‘esasperazione, Gianfranco Mai appare indeciso o indifeso, o almeno restio ad esprimere con compiutezza istinti e motivi lontani dal suo sentire e dal suo linguaggio. Questa situazione di incomunicabilità, che per altro stimola la nostra intelligenza e la nostra ricerca, è di riflesso un valido indizio della maturità e dell‘impegno espressivo dell‘artista. Gianfranco Mai si conferma, cosf, il pittore più acuto e congeniale alla civiltà murgese, recepita in tutti i suoi risvolti. La sua logica in continua evoluzione e il suo linguaggio fresco e vivo, che la fantasia non riesce a travisare, pur esaltandone cromaticamente i significati, costituiscono la più stimolante figurazione dei contenuti culturali, che caratterizzano il patrimonio comune delle Murge dei Trulli.
Michele Pizzigallo
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