MONTANARINI LUIGI
 
ARTISTA OPERE MOSTRE IN ASTA
 

PITTURE DI LUIGI MONTANARINI

Quei pochi che di pittura si intendono già sanno che questa di Luigi Montanarini non è da confondere con le esercitazioni e i giuochi dei tanti che oggi riempiono le esposizioni, ma rappresenta qualcosa di promettente e di vivo nel breve campo della giovane arte italiana. Il linguaggio di estrema delicatezza nel quale s’è risolta l’esperienza rivoluzionaria della nuova pittura; il raffinato intellettualismo e sensualismo della generazione cresciuta sulle asserzioni critiche ed artistiche di questi trent’anni; quel gusto magico, decadente, evocativo della realtà storica e naturale non vengono a contatto col temperamento del nostro amico (sul quale pure esercitano la loro azione) senza essere riesaminati e giudicati. Venuto a Roma col pensionato, il Montanarini aveva portato seco dalla scuola di Felice Carena quel gusto della corpulenza, l’eloquenza del segno, il fervore sensuale della materia, un colorito ancora memore dei freschi accordi impressionistici e postimpressionistici. Conosciamo certe nature morte della sua prima giovinezza fiorentina rivelatrici di una assimilazione intelligente di moduli cézanniani, dello studio amoroso di Renoir o di Mancini. Su queste basi – ancora scolastiche sebbene non del tutto inerti – comincia a crescere un nuovo sentimento, si maturano nuove aspirazioni, che si tradurranno in rinnovate esperienze coloristiche (ai bianchi, ai rosa, ai grigi si sostituiscono tonalità calde e brune) in un sentimento chiaroscurale derivato, in qualche modo, dall’apprezzamento dell’attuale cosiddetta pittura tonale. Liberarsi dalla romantica eloquenza disegnativa; condurre il colore al massimo della sua accensione senza distruggere il volume, dare alla luce una funzione costruttiva della forma e della profondità spaziale: questi, ci sembra, i più grossi problemi di fronte ai quali s’è venuto a trovare il pittore. E s’intende come in una fase di rielaborazione del proprio linguaggio così orientata il Montanarini sia stato portato a idoleggiare maestri remoti come un Courbet o un Rembrandt: dai quali, com’è naturale, avrà pure tolto intellettualisticamente qualche schema compositivo o racconto.

 
 
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