Ladislav Dydek, Brno(Repubblica Ceca) 1919 - Toscolano Maderno 2006. L. Dydek ha lasciato la Cecoslovacchia all‘età di cinquanta anni (1969), avendo alle spalle vent‘anni di difficile attività creativa, definizione questa à · dir poco moderata per il terribile periodo degli anni cinquanta ·e sessanta. Questi vent‘anni sono bastati per iscrivere il suo nome nella storia dell‘arte moderna ceca, ma anche ·per essere segnato, se non proprio nella lista nera, almeno in quella grigia di coloro di cui non era consigliato parlare ad alta voce. L‘anno liberatorio 1989 era ancora lontano altri vent‘anni. Nativo di Brno, per Dydek fare il pittore di professione era un sogno già da bambino, e seppur avesse frequentato l‘Istituto d‘arte di Brno (1936 - 40), gli ultimi anni di questi studi erano già oscurati dall‘occupazione, il protettorato, la chiusura delle università, la guerra ed il pericolo di dover lavorare per l‘impero. A parte la pittura, Dydek aveva ancora un amore, anche se secondario, che però l‘ha difeso da questo pericolo. Era la musica e per la sua conoscenza teorica e la capacità di leggere le partiture è stato impiegato alla radio di Brno come tecnico del suono, dove ha sopravvissuto la guerra. Poco dopo la guerra si è trasferito definitivamente a Praga ed ha studiato all‘Accademia delle belle arti presso il professor Obrovsky fino alla morte di quest‘ultimo. Su raccomandazione del prof. V. Makovsky è stato poi accettato nel Sindacato degli artisti. Questo per i suoi anni di apprendistato. Alla fine della guerra la speranza ha invaso il mondo dell‘arte (e non solo). Un gran numero di giovani artisti sprigionava dinamismo fin‘ ora trattenuto col desiderio di farsi partecipi di una nuova libera arte. Sono state rinnovate vecchie buone tradizioni, cominciavano ad essere pubblicate riviste di settore, le pubblicazioni -del "Dibattito d‘arte" (Umelecka Beseda) e del "Manes" e del nuovo "Blok" di Brno, sono apparse nuovamente mostre di artisti locali e stranieri. Un periodo insomma che prometteva bene dopo tanti anni dell‘imposto realismo nazional-socialista. Purtroppo questo stato è durato ben poco, è arrivato il febbraio ‘48 e da lì è iniziato l‘ingabbiamento di tutto ciò che differiva o non voleva assoggettarsi ad un nuovo realismo, questa volta socialista. Praticamente al colore bruno è succeduto il colore rosso. Nonostante il fatto che il realismo socialista fosse stato importato da noi (in Cecoslovacchia - ndt.) come un prodotto finito, pochi conoscevano la sua esatta definizione, celata dietro lo slogan de "l‘arte per gli ampi strati del popolo lavoratore. Il Ministero della Cultura, insieme al Sindacato degli artisti, ha quindi nominato dei commissari, che poi decidevano se una scultura od un quadro corrispondevano ai nuovi parametri. Molti insegnanti sono stati espulsi dalle scuole, alcuni di essi (F. Tichy e altri) avevano addirittura il divieto di illustrare libri. Associazioni, che avevano un proprio programma artistico, o addirittura indirizzo (UB, Manes), sono state mutilate dell’influenza (indesiderata) che avevano e sono stati artificiosamente creati nuovi gruppi, più piccoli e non sulla base di una omogeneità artistica (che doveva essere uniforme), ma sulla base della residenza. In uno di questi gruppi, denominato "Stursa" si è trovato anche Dydek, dal destino unito a Richard Fremund, Jiri Martin; Robert Piesen, Jitka Kolinska, Bela Cernikova e altri.
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