Corrado Cagli Ancona, 1910 – Roma, 1976 L‘attività artistica in Italia di Corrado Cagli si suddivide in due grandi momenti a causa dell‘applicazione delle leggi razziali che nel 1938 lo costringono ad un trasferimento dapprima a Parigi e poi a New York, dove peraltro non rimane in un esilio dorato poiché durante il periodo bellico, divenuto cittadino americano, è di nuovo sul suolo europeo nei difficili giorni dello sbarco in Normandia (e poi in Belgio, sulle Ardenne sino a giungere in Germania) come present sergent statunitense, per difendere i valori democratici. A sedici anni Cagli, che era giunto a Roma nel 1915 dove frequenta l‘Accademia di Belle Arti, affresca la palestra Giulio Giordani e del 1928 è la realizzazione di un murale di circa settanta metri di estensione lineare per il teatro rionale di Campo Marzio – Trevi – Colonna del PNF a Roma (oggi scomparso). In anni in cui ai giovani artisti sembravano aprirsi solo le strade della pigra continuità del decadentismo o del mito neoromano predicato dal novecento Cagli, in maniera certo originale, si orienta verso i muri da affrescare quale impegno pubblico e politico dei pittori in contrapposizione all‘attività esclusivamente privata e borghese della pittura da cavalletto. Poco dopo, a conferma di quella che fin dagli inizi è una costante del suo itinerario d‘artista ossia il passare velocemente da una conquista all‘altra, Cagli è a Umbertide dove opera quale direttore artistico nella fabbrica di ceramiche Rometti. Nella cittadina umbra, precisamente nella villa Mavarelli-Reggiani, nel 1930 realizza su muro il tema della Battaglia del Grano riuscendo a combinare elementi del decorativismo lineare, proprio delle figurazioni ceramiche, ai tratti dinamici tipici del futurismo. Ha già decorato anche pareti alla Mostra romana dell‘Edilizia del 1932 e alla quinta Triennale di Milano (dove esegue Preparativi alla guerra) quando nel 1933 scrive l‘articolo polemico Muri ai pittori con il quale afferma, pochi mesi dopo le espressioni di Sironi, che quanto si fa in pittura oggi al di fuori della aspirazione murale (che ha persino mutato lo spirito della pittura da cavalletto influenzandone l‘impianto e la materia) è fatica minore e, storicamente, vana. A convogliare le forze della pittura contemporanea occorrono i muri, le pareti. Un autentico balzo nella maturazione di questo artista avviene in verità fin dal 1931, anno in cui, a Roma, inizia a frequentare la trattoria Fratelli Menghi, punto d’incontro per registi, sceneggiatori, poeti e pittori e che peraltro coincide con l‘apertura della prima Quadriennale di Roma. Il contatto con pittori quali Fausto Pirandello e i nuovi amici Cavalli e Capogrossi lo stimola a canalizzare la sua arte verso scelte di pittoricismo più maturo e meno futuristicamente illustrativo, volgendosi verso una pittura spatolata con riferimenti stilistici ad artisti che erano comuni ai tre amici (quali Picasso, Braque, Derain, Campigli). Il suo soggiorno a Paestum nel 1932 con il diretto contatto con la pittura pompeiana marca l‘accesso ad una nuova fase basilare nella sua formazione artistica. Ora, afferma Fabio Benzi,i soggetti di afflato mitico, isolati su fondi uniformi, in cui la pittura si è ormai sciolta in una parvenza di encausto [...] e i riferimenti a Picasso, al purismo di Jeanneret-Le Corbusier (amico sempre di Bontempelli), all‘astrattismo comasco nascente (sotto la stella di Bardi) sono maturati finalmente in una visione autonoma, monumentale, in una concezione emotiva del mito immanente. Durante questa prima fase artistica che ha inizio nel 1927 e culmina con il successo della Battaglia di San Martino del 1936 (è ormai imminente l‘interruzione italiana per motivi razziali), egli diviene l‘animatore e l‘organizzatore della Galleria della Cometa, la maggiore galleria romana e italiana del tempo, mentre della Scuola romana è parte costitutiva insieme a Capogrossi e Cavalli all‘interno della quale è anche ispiratore [1] del Manifesto del Primordialismo plastico. Corrado Cagli sa captare gli stili europei più aggiornati e non a caso è anche uno sperimentatore smaliziato di nuovi linguaggi, forte anche delle intuizioni dello zio: Massimo Bontempelli. Egli è il maestro di grandi artisti quali Afro, Mirko, Leoncillo, e lo stesso Guttuso, come avrà modo di dichiarare nel 1951, ai suoi esordi è attratto dal suo stile brillante che va facendosi carico di magiche suggestioni. L‘etica esistenziale e civile a cui Cagli informa la sua attività artistica, l‘esigenza della libera iniziativa nell‘arte, lo portano alla irrimediabile rottura con l‘ortodossia culturale ufficiale del regime fascista che si rivela nelle Vedute di Roma che fanno parte del ciclo esposto (ed in parte censurato) all‘Esposizione Internazionale di Parigi del 1937. Il rientro in Italia, dopo la parentesi bellica che avviene per Corrado Cagli nel 1947, non è privo di incomprensioni con il mondo artistico italiano stante il difficile momento che attraversano i pittori dell‘astrattismo. Sulle pagine di Rinascita nel 1948 Roderigo di Castiglia (pseudomimo di Palmiro Togliatti) pubblica un articolo offensivo verso l‘astrattismo in reazione alla mostra tenutasi a Bologna e alla quale avevano, tra gli altri preso parte anche: Afro, Birolli, Cagli, Greco, Mirko, Morlotti, Pizzinato, Treccani, Turcato, Vedova. In proposito Roderigo aveva scritto
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