Figlio di contadini normanni, nel 1900 si trasferì a Parigi, dove lavorò in uno studio di architettura e studiò alla Scuola di arti decorative. Nel 1911 presentò al Salon des Indépendants alcune opere vicine al cubismo, ottenendo pesanti critiche. L‘evoluzione del suo stile risentì del vivace clima artistico parigino del periodo: si ispirò dapprima a Paul Cézanne, poi ai fauves, infine, dopo aver conosciuto Georges Braque e Pablo Picasso, si avvicinò al cubismo. La sua rilettura del cubismo è caratterizzata dal particolare ritmo delle linee e delle superfici colorate, libere dagli elementi figurativi e dallo spazio del dipinto, che cessa di essere lo specchio della realtà per arrivare ad una propria dimensione autonoma. La verosimiglianza non è più il criterio fondamentale, l‘artista colloca liberamente le forme e i colori secondo la propria sensibilità interiore. La lettura del quadro non è per niente facile: si riconoscono ancora frammenti di personaggi, case e alberi, ma l‘insieme è stravolto dal turbinio dinamico delle forme. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Léger fu richiamato alle armi e a Verdun rimase intossicato dai gas. Durante la convalescenza si riavvicinò al cubismo e si interessò al mondo delle industrie e del lavoro: l‘artista si trasforma in un costruttore particolare, il cui obiettivo non è di realizzare un motore che funzioni, ma che obbedisca a leggi plastiche ed estetiche. In questa opere la presenza umana lascia spazio alle macchine, frutto del lavoro dell‘uomo e della tecnologia e simbolo della civiltà del nuovo secolo. In questa concezione riecheggia uno dei capisaldi del futurismo, secondo cui la nuova arte doveva sostituire la poetica del soggetto e dell‘introspezione decadente con la nuova filosofia dell‘oggetto, esaltandone l‘energia e il dinamismo. Alla fine della guerra, Léger si occupò di pittura, composizioni murali, arazzi, mosaici, sculture, ceramiche; collaborò a scenografie e a costumi di spettacoli teatrali; nel 1924 produsse il film d‘animazione Ballet mécanique. Lavorò anche per il balletto: suoi sono ad esempio costumi e scenografie di "La creation du monde" di Darius Milhaud. In questo periodo la semplificazione delle forme giunge alle sue estreme conseguenze: esse perdono ogni riferimento con la realtà esterna e si trasformano in spazi uniformemente colorati e illuminati da una luce piena. La sua arte non è una creazione spontanea o un‘intuizione improvvisa; Léger parte da una serie di disegni e progetti ed elabora delle varianti, prima di approdare alla versione definitiva. Proprio mentre giunge alla completa dissoluzione delle forme, l‘artista recupera la figura umana, non più presenza reale o verosimile, ma passata anch‘essa attraverso un processo di semplificazione geometrica. Il risultato è di un rigoroso ascetismo, in cui gli oggetti perdono consistenza materiale per ridursi alla loro funzione simbolica. Così i personaggi sono del tutto privi di individualità e di espressione, trasformati in emblemi, come aveva fatto, secoli prima, l‘arte bizantina. Nel secondo dopoguerra Léger si dedicò ai cicli intitolati I costruttori e Il circo. Morì a Gif-sur-Yvette il 17 agosto 1955. Dopo la morte la moglie donò alla Francia un museo con le sue opere. Attualmente il museo è a Biot, vicino a Nizza.
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